Fiabe d'estate

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Durone Zuccone

C’era una volta un omino piccino piccino che si chiamava Durone, perché aveva la testa dura più di una pietra.

Il suo mestiere era quello di rompere sassi, montagne, legni e muri.

Durone non usava le mani ma la testa e quando la sera tornava a casa, anziché aprire la porta con la chiave, dava una capocciata ed entrava tranquillamente.

Se doveva aprire una scatoletta usava la testa e quando salutava qualcuno per la strada, anziché stringere la mano, dava una zuccata secca secca dove capitava e così in paese tutti lo scansavano.

Un giorno Durone si recò a rompere pietre nella montagna grigia, per liberare le acque del torrente e mentre tirava una zuccata dietro l’altra, vide uscire dai grandi sassi un gigante con tre teste, che urlò: “grazie di avermi salvato, chiedi ciò che vuoi e sarai esaudito”.

Durone rimase sbalordito ma si riprese subito e rispose: “vorrei essere un uomo come tutti gli altri”.

Il Gigante ripete: “che tu sia trasformato in un bel giovane”.

Detto fatto Durone si accorse di essere cresciuto e di non poter più battere la testa nelle pietre, perché le sue forze erano state distribuite in ogni parte del corpo.

Si specchiò nell’acqua del torrente e vide riflesso un giovane elegante, s’incamminò verso casa ma giunto, si accorse che al suo posto c’era un meraviglioso castello con parco e servitori che lo salutarono festosi.

Il Gigante stesso l’accolse in un salone addobbato per una festa in suo onore dove partecipò l’intero paese.

Durone era felice, sbalordito e stentava a riconoscere la sua immagine trasformata in pochi attimi.

Passarono i giorni, mesi, anni e Durone diventava sempre più bello, elegante e fannullone, perché la sua vita si svolgeva fra una festa e l’altra e tutti lo volevano per ascoltare le sue avventure.

Un giorno mentre parlava della sua testa dura, entrò nella sala un piccolo Gufo che si posò sulla sua spalla e lo beccò proprio sul naso.

Durone improvvisamente traballò e piano piano ritornò piccolo piccolo con la testa dura come prima ed esclamò: “che cosa ci sto a fare qui invece di essere a spaccare le pietre sulla montagna?” I presenti rimasero a bocca aperta e scapparono tutti dalla paura.

Il Gufo accompagnò al lavoro Durone appollaiato sulla sua testa ed insieme raggiunsero la pietra che era stata lasciata a metà, impedendo al torrente di scorrere velocemente.

Durone cominciò di nuovo a dare zuccate ma quando si avvicinò alla Pietra Azzurra che chiudeva la Grotta Dorata, si rese conto di non farcela e prova e riprova, non riuscì nel suo intento perché la sua testa sembrava una zucca vuota.

“Che cosa sarà successo?” disse fra sé e provò a rompere altre pietre che appena toccate, si sfaldarono in mille pezzettini.

Durone pensò allora che la Pietra Azzurra fosse magica e decise di interrogare il Gufo dicendo: “che cosa posso fare per entrare nella Grotta Dorata senza rompere la Pietra Azzurra che è più forte della mia testa?”

Il Gufo rispose: “sai tu che cosa c’è dentro quella grotta?”

“No” egli rispose.

“Lo so io” continuò l’amico e se vuoi saperlo seguimi.

I due si avventurarono lungo i sentieri della montagna, attraverso laghetti, boschi e finalmente giunsero in un prato immenso ricco di fiori ed alberi di ogni specie che nascondevano agli estranei un castello incantato.

“Questo è il castello della strega Sira che custodisce il tesoro nella Grotta Dorata. La Pietra Azzurra non può essere rotta dalla tua testa, se prima non riuscirai a lavartela con l’infuso dell’erba d’oro che si trova nascosta in questo prato”.

Durone rispose: “che cosa m’importa di rompere la Pietra Azzurra , visto che a me non interessano i tesori nascosti nella Grotta”.

Il Gufo spiegò: “devi sapere che la strega custodisce il segreto della tua testa e fino a quando non riusciremo a prendere la formula magica, tu non potrai ritornare ad essere bello come un tempo”.

“Chi è stato a trasformarmi in un bel giovane?”

“Sono stato io prendendo le sembianze di un Gigante, per farti vedere la differenza che c’è fra la vita condotta prima ed ora”.

“Capisco tutto” esclamò Durone ma “tu che ci guadagni e chi sei realmente?”

“Io sono la Principessa Pietra Azzurra, padrona di questo castello. Per un incantesimo sono stata cacciata dalla strega, rinchiusa nella Grotta Dorata e lì abbandonata”.

“Come mai sei un Gufo?” continuò Durone.

“La fata della montagna decise di aiutarmi e mi trasformò in un Gufo però in cambio volle la tua testa, che terrà fino al giorno in cui tu non fossi riuscito a sconfiggere la strega Sira”.

“Ora capisco” ripetè per tre volte Durone e battè più volte la zucca in terra.

Il Gufo lo incoraggiò dicendo: “ti aiuterò io, non ti abbattere ma stai attento ai trabocchetti della strega, nascosti nel prato”.

Attesero la notte e poi zitti zitti cominciarono a cercare l’Erba d’Oro che videro risplendere da lontano.

“L’ho vista” urlò Durone ma il Gufo lo rimproverò dicendo “non devi parlare forte altrimenti i cani stregati ci mangeranno”.

Dette queste parole, giunsero velocissimi quattro cani grandi e grossi che si avventarono sul povero Durone ma il Gufo beccò le loro teste e li addormentò con una polverina magica, prima che succedesse l’irreparabile.

I due continuarono piano piano anche perché ormai la Strega si era accorta della loro presenza e mandò contro Durone la Freccia Avvelenata che vola più del vento.

Gufo la vide ma non riuscì a fermarla, chiamò Fulmine in suo aiuto che accorse subito, s’incontrò con la Freccia e dopo un furente scontro, riuscì a sconfiggerla poi disse al Gufo “me ne vado un po’ malconcio, ho riportato qualche ferita ma andrò subito a letto e con una buona dormita mi rimetterò presto”. Detto fatto sparì seguito dallo sguardo riconoscente dei due amici.

Durone continuò ad avvicinarsi all’Erba d’Oro ma mentre stava per coglierla, apparve un grosso topo Nero, Giallo e Viola che cercò di morderlo. Iniziò così una lotta fra i due che continuò per tutta la notte, senza l’aiuto di Gufo che avendo paura dei topi, era scappato.

Poi si pentì di ciò che aveva fatto e corse a chiamare il Gatto Selvatico che corse in tempo per far scappare il grosso topo.

Ma anche Durone era sfinito e non aveva più la forza di muovere la mano per cogliere l’Erba d’Oro.

Il Gufo lo supplicava di farlo, prima che fosse giorno, in quanto sarebbe svanita la pianta e la sera avrebbero dovuto ricominciare tutto da capo.

Durone si trascinava a carponi verso l’erba ma mentre stava per coglierla, apparve la Strega che lo fermò sogghignando: “credevi di farla a me piccolo zuccone! Non conosci i miei poteri magici?”

“No” rispose Durone.

“Povero sciagurato, tu non riuscirai mai ad avere la mia Erba d’Oro” e così dicendo si avvicinò per raccoglierla.

Il Gufo però che stava nascosto dietro un albero, prese il volo e con tutta la sua forza, battè il becco sugli occhi della Strega che rimase cieca e non potè impedire a Durone di raccogliere l’Erba d’Oro.

Gufo gli preparò un infuso con le foglie, gli lavò la testa che divenne più dura della Pietra Azzurra.

La mattina seguente Durone riuscì senza tanta fatica ad abbattere la porta magica e quando entrò rimase abbagliato dallo splendore degli ori e pietre preziose. “Ma la formula magica per me dov’è?” disse rivolto al Gufo.

“E’ qui” gli rispose una bellissima Principessa che lo toccò dicendo: “Durone Durone sarai il gran padrone di tutti i tesori di questo grottone ma prima però l’aspetto ti do’ del Principe sposo che or troverò”.

Detto fatto Durone divenne un bellissimo Principe che naturalmente sposò la sua bella Principessa della Pietra Azzurra e vissero felici e contenti.

 

 

                                                                  Maria Carla Borghini

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